Il Re e lo Spettro
storie di un’anima vittoriosa

Drammaturgia di Enrico Masseroli
con Enrico Masseroli & Giuseppe Olivini




Testi e racconti rielaborati da

Il re e il cadavere” di Heinrich Zimmer 
Vetālapaňcavimśati ” (La venticinquina dello spettro) di Somadeva

Le storie… Sono nelle nostre ossa - a noi ignote - quando le ascoltiamo, anch'esse ascoltano

Il re, apparentemente perfetto nella sua pomposa quotidianità, viene irretito dal falso asceta “ricco di pazienza”. Aveva dimenticato che il dono crea un legame, un vincolo, fra chi dà e chi riceve; allora, per il gioco del caso - grazie ad una scimmia ghiottamente curiosa - accade che scatti la trappola. Il nostro re si ritroverà al cimitero di notte, intento a trasportare il cadavere di un impiccato, abitato da uno spettro che pare burlarsi di lui, costringendolo a risolvere i complicati enigmi dei suoi meravigliosi racconti. Colpevolezza ed innocenza, intimamente intrecciate in un sorprendente arabesco, sono raramente palesi. Siamo comunque sempre responsabili di ciò che accade: nulla ci è lontano, nessuno può essere trattato come estraneo.

Vetālapaňcavimśati (lett. La venticinquina dello spettro) è la raccolta di racconti più famosa dell’India. Tra essi abbiamo scelto quattro storie esemplari e l’ultima, quella che il re non saprà risolvere. Un silenzio che gli svelerà la via della salvezza.
Cambia te stesso, ed abiterai in un mondo nuovo. Grazie alla lunga, terribile notte, alla sua sincera buona volontà nel sopportare l’impresa, ed allo spettro insospettatamente amico, il re sarà trasformato: tratto dal mondo della pura apparenza, potrà accedere alla realtà del suo essere regale.
Quanti doni la vita ci offre tutti i giorni, senza ostentazione, senza esigere nulla, che noi non ci curiamo nemmeno di aprire? Ognuno di noi non è forse un frutto prezioso? Riusciamo, o almeno proviamo, a liberare dalla personalità quotidiana la gemma del suo seme essenziale?
Secondo la cosmogonia indiana l’universo è la danza di Śiva, il Signore supremo, perenne creatore e distruttore. Il nostro re è un suo avatāra (incarnazione) umano, dunque limitato dai suoi sensi, confinato nella sua saggezza, soggetto alla mortalità della sua forma. Ma lo spazio che li separa non è forse l’illusione necessaria allo spettacolo effimero della creazione? Al di là di ciò non v’è dualità: chi conosce e chi è conosciuto, il devoto e l’icona sacra, l’uomo mortale e il Dio eterno, non sono allora che uno.


Note alla messa in scena:  Quattro maschere in legno prestano il volto ai protagonisti della storia che fa da cornice ai cinque racconti. Un accurato contrappunto musicale caratterizza ogni figura, i luoghi e le trame delle imprevedibili avventure.
Gong, bansuri, salterio, sonagli, hulusi, xilofono, tamburo sciamanico, thunder drum, ocean harp, saz, hang, flauti (balinese e giavanese), duduk, campane tibetane, sitar…Intrecciano i loro suoni alle voci ed all’azione, a scandire il tempo, sacro e sospeso, del teatro.

esigenze tecniche:
Spazio scenico all’italiana o anfiteatro
Lo spettacolo può essere presentato sia al chiuso, in sale teatrali con o senza palcoscenico, auditorium, spazi non convenzionalmente teatrali, sia all’aperto, in cortili, giardini, parchi o piccole piazze…
Area di scena minima m. 4 x 5
Illuminazione : da definire in rapporto al contesto e allo spazio. Può essere sufficiente un semplice piazzato.
Durata 64’ ca. Tempi per allestimento scenico 70’ /  smontaggio 30’ ca